Ventotene - Navi Romane
pubblicato sulla rivista Sub n° 415 - Gennaio 2023
Le Navi Romane di Ventotene
Come al solito prendo al volo tutte le opportunità che mi si presentano.
Il mio buddy Augusto le aveva fatte lo scorso anno, la prima a -103, la più profonda a -140, tuffi importanti, con un grosso impatto emotivo. Trovarsi sul carico integro, di una nave che solcava il mediterraneo oltre 2000 anni orsono, è molto emozionante.
La sagoma della nave con il carico ancora tutto in ordine, le ancore a prua, le stoviglie dei marinai a poppa. Si percepisce il dramma del naufragio. Appena si allenta la morsa del Covid, ed il diving ci prende, anche se ancora chiuso, noi siamo pronti a salpare.
Giovedì, alle 16 si parte per Roma, dormiremo a casa di Augusto, per imbarcarci a Formia, l’indomani alle 8.45, in modo da avere la giornata piena. Soliti traghetti che viaggiano lentissimi, ma alle 14, senza aver pranzato, inizia il primo tuffo sulla meno fonda, -103. Da tempo immemorabile, senza macchina fotografica al seguito. Serve l'autorizzazione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina, per acquisire immagini.
E’ la Soprintendenza che tramite il diving locale, monitora le immersioni su tali giacimenti archeologici. Avevo detto che non mi sarei immerso senza poter fotografare, ma la curiosità è tanta, senza nulla in mano che farò sotto, bho, vedremo. Giù di scooter lungo la cima dell’ancora, a 68 metri si inizia a scorgere la forma, sempre più chiara e dettagliata, fino ad arrivare ai -95, dove rallento e mi godo il panorama. Acqua cristallina, luce sufficiente, il contrasto col fondo bianco è stupendo; ci si presenta un cumulo di anfore alto un paio di metri, lungo una trentina e largo 6/7.
Immagino come mi sarei posizionato per fare le foto, poi lascio perdere e mi metto ad osservare. Il grosso del carico è di anfore tutte uguali, poi a poppa, e sopra ce ne sono di diverse fattezze e dimensioni, forse per i viveri dell’equipaggio. Una miriade di aragoste, gamberi e musdee completa lo splendido scenario. Eseguo un prelievo di detrito sabbioso per il mio amico Ivan, malacologo di fama mondiale, che si divertirà a cercare micro conchiglie al microscopio.
Purtroppo il detrito si rivelerà un deserto, nessun mollusco presente, non gli era mai capitato. Al ventesimo minuto è tempo di rientrare, la cima è a 5 metri dalle anfore, ormeggio eseguito in maniera magistrale da Paolo; la seguo velocemente fino alla prima tappa dei -63. Le tappe fonde sono veloci, non si ha tempo di fare altro se non seguire le indicazioni del computer, ma poi si arriva su, e le pause sono sempre maggiori rispetto alla risalita, così si inizia a ripercorrere i momenti sul fondo, e cominci a realizzare la meraviglia che hai appena visto.
Deco clear, dopo 167 minuti si sale in barca. Giorno seguente, arriva l’autorizzazione a fotografare, scenderemo su quella a -112, forse la più bella e grande. Il mare è già abbastanza formato, ma Paolo mi fa buttare l’ancora solo controllando la posizione gps, senza usare l’eco scandaglio. Caliamo i bailout e gli scooter, indossiamo il reb, agganciamo fruste cavi e connettori, breve pre-breath, poi capovolta. Bubble check a -15 ok, si parte di scooter a tutta forza per accelerare la lunga discesa il più possibile.
In tre minuti siamo a -110 fermi in assetto, ad ammirare veramente un grande spettacolo! Godiamo del silenzio e della pace del momento; purtroppo il fondo è ricoperto di posidonea morta, non si ha il contrasto di quella di ieri, rendendo tutto più buio e scuro. Ho anche un altro compito, cercare lo Spondylus Grusonii, ostrica di circa un centimetro di diametro che vive a quote basse ma su superfici pulite da alghe. Su queste anfore arriva ancora troppa luce, sono completamente incrostare e ricoperte da organismi che impediscono al Grusonii di trovare l’habitat favorevole.
Dopo 14 minuti di permanenza iniziamo la risalita, ad oltre venti metri al minuto fino ai -85, poi si rallenta e ai -69 si iniziano le tappe. Stessa prassi di ieri, concentrati, in ascolto del nostro organismo, per non avere sorprese, ci si rilassa un pochino solo nelle ultime due tappe lunghe, -9 e -6, dove ad occhi chiusi si rivede lo spettacolo appena lasciato. Sempre più giù, domani faremo la nave dei piatti a -117, ad un miglio da punta dell’Arco. Siamo al diving, con un calice di vino e qualche stuzzichino, quando Dario dice: “veniamo in terra a fare la deco, così intanto controllo se c’è altro lungo il fondale”.
Ci scambiamo un’occhiata veloce, non avevo dubbi che Augusto acconsentisse, infatti, ridendo dice: “perchè no”!. A quel punto mi alzo e vado a mettere sotto carica il mio scooter; scendere, navigare un miglio per raggiungere la punta dell’isola, percorrere altri 8/900 metri per ridossarsi dal moto ondoso, richiede la batteria bella carica. Al mattino seguente vento teso e mare formato, ma comunque si carica il gozzo di Dario, e si va.
Gli accordi con Paolo, che resta in barca, sono che se dopo un’ora non ci vede in catena, salpa e si va a ridossare; nel caso, un pallone segnala la posizione, due segnalano un problema. Come ieri in 3 minuti siamo a -114, ed appena mi avvicino ho la sensazione che mi giri la testa, mi inginocchio sul fondo per capire che succede. Migliaia di gamberi ricoprono il relitto, ondeggiando come in una danza.
Meno male io sto bene, effettivamente la nave pare muoversi. Il carico è quasi interamente di piatti, una sorta di catini con un beccuccio, forse erano dei recipienti che misuravano un volume, sono impilati dal più grande al più piccolo, ne noto almeno 6 misure diverse. Tutto completamente sepolto in nuvole di gamberi. Ci sparpagliamo, ognuno di noi è preso da qualcosa. Di anfore ve ne sono poche, forse solo per le vettovaglie dell’equipaggio.
Al quattordicesimo minuto, ho finito di fare le foto che volevo, segnalo a Dario che possiamo andare, ci raggruppiamo e partiamo con direzione 50 gradi. Dario resta sul fondo, Augusto poco sopra, io mi alzo il più possibile ma senza perdere il contatto visivo, fra loro e gli altri due alla mia dx. 10, 20, 25 minuti a spasso per il mare. Il fondo è perso, e ad un tratto la visibilità peggiora, facendomi perdere anche Augusto, cerco gli altri, ma non ci sono, ero concentrato su di lui e non ho visto che fine abbiano fatto. Seguo per qualche minuto le poche bolle che emetteva, ma poi perdo anche quelle.
Devo anche sgranchirmi, mi fermo perdendo qualsiasi riferimento. Riparto per 50 gradi dopo poco raggiungo il figlio di Dario, lo invito a seguirmi, era solo senza nemmeno la bussola. Al 59° minuto di immersione, dopo 45 di navigazione, raggiungiamo gli altri tre che sono a 39 metri a fare una tappa, sorrido, mi faccio vedere, poi proseguiamo assieme per finire la deco. Al de briefing cerchiamo di capire ed accordarci su cosa fare per evitare di frantumare il gruppo, al rientro da immersioni così impegnative.
Top
MS 06/2020
|