pubblicato sulla rivista Sub n° 417 - Luglio 2023
La secca dei crinoidi
Il tuffo allo scoglio della Botte, fra Ponza e Ventotene, è molto bello, se poi ti spingi oltre……Questo monolite di basalto, poggiato su di un fondale di detrito bianco sui 55/60 metri, accarezzato da una leggera corrente costante che alimenta un sacco di vita.
Ne avevamo già scandagliato tutti gli angoli, in varie immersioni, compresa la bella colonia di corallo nero a 75 metri sotto al primo salto del fondale. Quando il Nettuno Secondo salpa, con tale destinazione, siamo contenti ma non contentissimi, è sempre molto più stimolante l’ignoto che un tuffo già fatto. Durante la navigazione ci mettiamo a consultare le batimetriche della zona, e sorpresa sorpresa, a ponente c’è una secca. Chissà come sarà, la sommità sui 45 metri con un lato che sprofonda sotto i 120.
l’immaginazione parte incontrollata, una secca in mezzo al nulla non può essere insignificante, anzi chissà quali tesori cela! Dista circa 700/800 metri dal punto di ormeggio, attorno al quale Andrea svolgerà l’immersione con tutti i suoi clienti. Proviamo a chiedergli se ci scarica sul cappello poi ci aspetta allo scoglio, così da dover percorrere solo un tratto della distanza, ma per lui è rischioso e gli farebbe perdere troppo tempo. Proviamo a chiedere se ci porta sopra con il tender, ma si deve dedicare agli altri 40 sub, per cui ci nega pure questa soluzione. Pazienza, faremo il solito giro. Barca ancorata, motori spenti, siamo i primi a buttarci, ci passano scooter, bailout, macchina foto, salutiamo e ci affondiamo, con la sensazione di volare, tanto l’acqua è limpida.
Passiamo la prima sella a pochi metri, rapido check, e ci dirigiamo velocemente sul fondo. Pochi minuti e siamo alla grossa ancora Ammiragliato a 70 metri, ci confrontiamo, tutto funziona al meglio, acqua calda, nessuna controindicazione, ci proviamo. Navighiamo verso l’ignoto per una decina di minuti, sospesi nel blu intenso, concentrati sulla bussola, è fondamentale non seguire le sensazioni ma i gradi che indica la bussola in queste lunghe percorrenze.
Perdiamo subito il contatto col fondo che dovrebbe essere sui 90 metri, ma poco dopo rieccolo, si intravede sempre più nitido, si riavvicina, fino a salire deciso, alzo gli occhi e sono di fronte a 5 grossi massi, che potrebbero essere la sommità della secca! Non ho tempo di capire bene come si sviluppa la formazione, che sono rapito da uno degli esseri che più mi affascina; tutta la roccia è ricoperta da migliaia di crinoidi color ocra!! Non controllo nemmeno dov’è Augusto, prendo la macchina e comincio a scattare, crinoidi ammassati, crinoidi su gorgonie, crinoidi e cerianti fluorescenti, il tripudio del crinoide!! Dopo una serie di scatti ed un paio di minuti, tolgo lo sguardo dal mirino e cerco il mio buddy. Non si vede. Sapevamo che la parete fonda sarebbe stata a sinistra, mi sa che sta girovagando da quelle parti.
Riparto, schivo le rocce, per non alzarmi troppo, lo yo yo a queste quote va evitato, ed inizio ad intravedere la fine del pianoro. Sono a 58 metri sospeso su di una splendida cigliata colorata, Augusto è sotto che ispeziona. Fuori un pò d’aria dal loop ed inizio a scendere lentamente gustandomi il panorama e la caduta. I crinoidi non ci sono sotto i 55 metri, evidentemente la temperatura, o la corrente, o il nutrimento disciolto non è di loro gradimento. La parete è ricca di gorgonie, aragoste, ricci, cerianti ed infine corallo rosso. Scatto ed osservo, controllando Augusto con la coda dell’occhio, siamo sotto ai 100 ed i minuti di permanenza pesano parecchi in termini di deco. Vedo dei lampi, è Augusto che mi spinge contro un grosso San Pietro, che tutto arruffato ci guarda malissimo, forse è il suo primo incontro con noi umani. Il tempo stringe siamo sotto da 65 minuti, e dobbiamo decomprimere.
Risaliamo e ritorniamo sul sasso sul quale siamo approdati, come primo giro è meglio ripercorrere lo stesso tragitto, anche se forse rientrando più a destra potremmo accorciare la distanza. Rotta reciproca e via, mantenendoci sui 55 metri. Fa sempre una certa impressione vedere il fondale sparire e navigare nel nulla, senza riferimenti visivi, solo strumentali, quota e direzione bussola, prosegui ed aspetti, mentre ti passa per la mente di tutto, da quello che hai appena visto, a quello che può pensare la moglie in barca che ti aspetta, poi ad un tratto il fondo, si è lui, risale!
Siamo a casa!! Quasi; siamo a 65 metri, dal lato opposto al lato su cui è la barca, due persono normali risalirebbero per iniziare la deco, ma Augusto mi fa un cenno, vuole andare al corallo nero. Andremo. Manteniamo la batimetrica dei 65 per 6/7 minuti fino a scorgere la macchia bianca in fondo a destra. Veloce puntata fra i 75 e gli 80 metri per il selfie di rito sul corallo nero, bello, ma ci costa 20 minuti di deco in più! Impostiamo il set point dell’ossigeno a 1.3, e senza indugi partiamo, con gli scooter a tutta forza, puntando verso la parete che sale rapidamente. Un minuto e siamo alla prima tappa deco. Ora massima concentrazione, per non perdere tempo, tenere le quote giuste, monitorare la PPO2, per effettuare al meglio la lunga deco.
Ho sentito parecchi sub affermare che si rilassano tanto ormai l’immersione è finita, nulla di più sbagliato, è ora che il rischio bolla è reale, intanto che sei giù, sul fondo, le variazioni di pressione sono minime, ora invece si cala, e la bolla cresce, maledetta bolla di inerte. Il tempo passa, fra una tana, un sarago che ti scappa da sotto ed una cerniotta che fa capolino. Più in alto incrociamo gli altri ragazzi del diving che si accingono a fare il secondo tuffo. Effettuare lunghe deco con questa temperatura e questa visibilità è un piacere, e dopo 198 minuti riemergiamo felici ed affamati, pronti per gustarci il pranzo ed il sole.
MS06/2023