I Carri di Sharm
Pubblicato su Mondo Sommerso n.12 dicembre 2007
Foto di Gaddoni Eros
Consulenza storica Pietro Faggioli
La gita sociale, a Sharm El Sheikh, organizzata dalla Sub Delphinus, è sempre una piacevole settimana di relax, molto consigliata per portarci anche famigliari che non sono interessati ad immergersi. Infatti, quest'anno siamo in 34, più bagnanti ! Il soggiornare rimane sempre una magnifica esperienza, poiché tutti ci accolgono con estrema cordialità e professionalità, compresa la nostra guida sub: Silvia. Durante questa vacanza dobbiamo verificare un'informazione giuntaci da un nostro amico/socio, che durante una delle innumerevoli cene nella sede mare a Marina di Ravenna, dell'estate appena trascorsa, ci ha parlato di molti carri armati che giacciono dimenticati sott'acqua a Sharm …….
Iniziamo la settimana d'immersione e cominciamo a chiedere in giro, ma nessuno sa nulla di preciso e, ormai scoraggiati, decidiamo di chiedere al comandante della nostra barca, (naviga in queste acque da parecchi anni, ed essendo egiziano potrebbe attingere informazioni a noi inaccessibili). Gli accenniamo della nostra ricerca e l'abbiamo visto illuminarsi in volto, ne aveva sentito parlare da un amico sub egiziano e ci promette di approfondire le ricerche! Il giorno seguente, a bordo, siamo in una decina, effettuiamo le due consuete immersioni giornaliere e siamo sulla via del ritorno. Silvia, la guida, ci chiama dal comandante, siamo precisamente sotto il faro di Sharm. Vediamo una parete a picco con lunghe striature, esattamente come se avessero buttato in mare degli oggetti molto pesanti e questi fossero scivolati sulla parete, segnandola profondamente. Esattamente siamo a Ras Pete che non è zona d'immersione, non vi sono attracchi poiché sotto il fondale è abbastanza brullo. Il comandante aveva accelerato il rientro per farci fare un tuffo di ricognizione; saremmo dovuti scendere solo Eros ed io, ma poi nessuno riesce a rinunciare ad un'immersione in queste acque calde, tutti si preparano, vengono spenti i motori e ci tuffiamo. Ci portiamo sui quindici metri di profondità, ma non vediamo nulla d'interessante. La parete stranamente è tutta di roccia franata con pochissime formazioni coralline e quasi priva di pesce. Continuiamo a scendere, seguendo Silvia verso Ovest e cominciamo a vedere rottami sparsi: ruote da trattore militare, differenziali, ponti anteriori e posteriori da autocarro pesante, una cabina. Lentamente l'inclinazione della parete cala, divenendo un pianoro popolato di mezzi militari. L'adrenalina cresce, per noi è una nuova scoperta e come sempre ci provoca emozioni forti, sembra l'immagine trasmessa da un telegiornale di un campo di battaglia dopo un combattimento. Davanti a questi scenari che offrono spunti per esplorazione, foto, ricostruzioni storiche, non dobbiamo dimenticare il sacrificio di chi ha vissuto quei tragici momenti. Vedo almeno una ventina di carri cingolati, dei trasporto truppe di produzione dei paesi dell'Est, russi o cecoslovacchi. Si distinguono da quelli inglesi o americani poiché sono a cielo aperto. Ci appare un automezzo con le ruote anteriormente tassellate ed i cingoli sotto il cassone. Compare tra le lamiere divelte anche un cannone dalla canna lunghissima, tipo un 88 tedesco. Quasi tutti i mezzi danno una notevole sensazione d'instabilità, sembrano pronti a riprendere la corsa verso il fondo al minimo tocco. Pare di vedere il fermo immagine di una proiezione e, ci sembra di percepire il frastuono ed il terribile polverone che devono aver provocato rotolando. Chissà che brutte foto avrebbe fatto Eros con tutta quella sospensione. Il gruppo che inizialmente non voleva nemmeno immergersi, si avvicina ai mezzi per curiosare e, si chiamano, gesticolano per condividere un dettaglio, trovandosi di continuo nel mirino della macchina fotografica. Il tempo stringe, siamo a quasi trentacinque metri ed è la terza immersione del giorno, Eros è un tantino spazientito, fatica a trovare le inquadrature libere che vorrebbe. Finalmente vediamo il primo carro armato un mezzo leggero, forse di fabbricazione inglese, niente a che fare con i poderosi T-34 oppure T-54 di fabbricazione russa. Chissà, forse sono precipitati sul fondo, ci sono infatti moltissimi solchi sulla roccia che proseguono verso il profondo blu. Siamo scesi fino a -40 a curiosare su ciò che la conformazione del fondale ha trattenuto, oltre questa quota la parete cade quasi verticale. Rientriamo e alla sera ci precipitiamo ad osservare la scogliera dall'alto e, con la mente ripercorriamo quella che si è rivelata l'ennesima sorpresa del Mar Rosso.
1967 - Guerra nel Sinai
Israele, nel secolo scorso, è sempre stato la spina sul fianco delle popolazioni arabe.
A metà degli anni "60" la Russia all'apice del suo espansionismo, appoggiava totalmente gli arabi nel loro odio contro Israele. Gli cedettero a prezzi di liquidazione diverse centinaia d'aerei e carri armati pesanti agli Egiziani, ed in minori quantitativi, ai Siriani. Nella primavera del 1967 il dittatore egiziano Nasser, era pronto alla guerra convinto di schiacciare lo Stato Ebraico. Schierò più di mille carri armati nel Sinai; oltre trecento aerei, quasi tutti da caccia e da attacco al suolo da utilizzare a copertura dell'esercito. La Russia si era impegnata ad intervenire nel futuro conflitto solamente se Stati Uniti ed Inghilterra si fossero schierati in appoggio ad Israele. Come provocazione, Nasser, cacciò via da Sharm el Sheikh i caschi blu dell'ONU, mise delle truppe a presidiare lo Stretto di Tiran ed il 23 Maggio 1967 ne interdisse l'uso, assieme al Canale di Suez, alle navi di bandiera israeliana ed a quelle che "avessero trasportato merci destinate ad Israele".
Questa mossa metteva Israele in gravi difficoltà, un vero embargo allo Stato ebraico, infatti, per lo Stretto di Tiran transitavano le navi dirette al Porto israeliano d'Eilat. Israele invocò subito l'aiuto dell'ONU, purtroppo, non si giunse ad un accordo sulla mozione da pubblicare per far recedere il dittatore egiziano dai suoi intenti. Gli israeliani, lasciati soli, decisero di non restare ulteriormente ad attendere, ed alle prime ore del 5 Giugno 1967 i Mirage con la stella di David, attaccarono le basi aeree egiziane. I giovani piloti, poco più che ventenni, fortemente motivati, combatterono gloriosamente, ed al prezzo di 17 aerei abbattuti, distrussero circa 300 aerei egiziani, 60 siriani, 35 giordani e 15 iracheni, ottenendo così il totale dominio dell'aria.
Contemporaneamente l'esercito israeliano sfondò le linee egiziane nel Nord del Sinai e si divise in due colonne: una diretta verso il Canale di Suez, Gaza e le Coste del Mediterraneo; l'altra puntò verso il Sud del Sinai ove gli egiziani avevano concentrato oltre 900 mezzi corazzati. Mentre discendevano a Sud per arrivare a Sharm, e liberare lo Stretto di Tiran, distrussero o catturarono quasi 700 carri armati (molti del tipo T-54D nuovi ed appena consegnati dai russi agli egiziani). Il comando israeliano prevedeva di dover combattere duramente per Sharm el Sheikh ed aveva preparato un piano d'attacco coordinato tra la sua Marina e l'esercito. Molte unità leggere avrebbero controllato la costa di Sharm mentre truppe paracadutate tagliavano la ritirata ai difensori. Alle ore 10.00 di mercoledì 7 Giugno 1967 i paracadutisti israeliani entrarono in azione nella zona dell'aeroporto di Sharm el Sheikh mentre le motosiluranti controllavano la costa. Dai mezzi da sbarco si precipitarono sulla spiaggia i fanti di marina. Non vi fu la minima reazione, i paracadutisti non incontrarono la benché minima resistenza, nessun carro armato, nessun trasporto truppe corazzato, neppure cannoni. Solo dei soldati, a piedi che immediatamente si arresero, evitando perdite su entrambi gli schieramenti. Il "cessate il fuoco" fu concordato venerdì 9 Giugno, che diventò realmente esecutivo Domenica 11 Giugno 1967.
Israele aveva avuto la meglio, ma dove erano andati a finire i carri armati di Sharm?