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Marco 3.0

 

Perchè di vite ne abbiamo una sola, e più della metà è già passata!

Con queste righe vorrei raccontare la mia esperienza in fatto di salute e benessere.

Fortunatamente ho avuto una famiglia eccezionale che mi ha supportato, e non mi ha mai negato un sano scappellotto al bisogno.

L’influenza maggiore è stata quella di mamma e del nonno Elmore.

Mom

Mamma ha avuto la pazienza di starmi addosso quotidianamente, per trasferirmi, prima lezioni di vita, poi nozioni professionali.

Grandfather and Grandmother

Il nonno mi affascinava con racconti sulle difficoltà a superare il periodo bellico, e sulle vicissitudini lavorative degli anni seguenti; un’attività in proprio da seguire, la nonna con crisi epilettiche post parto, e papà con problemi di salute. Tutte vicende affrontate con estrema determinazione. Erano compiti che doveva svolgere lui, non poteva demandare, per cui meglio affrontarli col sorriso. Le difficoltà che sono riusciti a superare loro, in quegli anni sono state pazzesche, guerra, reclusione in attesa di fucilazione, bombardamenti, fame, freddo; lavorare “da buio a buio”, cioè dall’alba al tramonto, attaccati ad una fucina ad assotiliare ed affilare vomeri a suon di martellate. I vomeri dovevano essere affilatissimi, in quanto non vi era un trattore da 300 cavalli a trainare, ma uno o due buoi, e meglio il vomere affondava nel terreno, maggiore era la resa degli animali. Per cui il fabbro che riusciva a rendere più duraturo il taglio era quello che attirava più clienti. La gioia con la quale il nonno mi trasmetteva questi racconti di vita, mi è rimasta dentro, il live motive era stringere i denti e perseverare con tenacia, studiando la soluzione più economica ed efficace per raggiungere l’obbiettivo. Obbiettivo più che raggiunto, a sessant’anni, dopo aver ampliato e sviluppato l’attività, l’ha passata a papà, ritirandosi e dedicandosi a relax, ferie e crociere.

Nel 1988 ho affiancato i miei genitori in questa attività, e grazie alla loro pazienza ho appreso tutti i valori ed esperienza che mi stanno ancora servendo. Onestà, lealtà, serietà, erano principi imprescindibili; i problemi si affrontavano assieme, solitamente discutendone in pausa pranzo o a cena. Il lavoro era innanzi a tutto, poi venivano gli altri impegni personali o gli svaghi. Il lunedì mattina si apriva in ogni caso, non esisteva essere ammalati. Ricordo quando papà si prese l'epatite in sala operatoria, stava male, ma il lunedì mattina mamma, prima organizzò l'ufficio, poi lo andò ad accudire. Era normale vivere così, era la nostra vita e ci gratificava.

Nel 2000 si è scelto di chiudere l’azienda di famiglia, per sopraggiunta età pensionabile di papà, ed io ho avviato un’attività con due soci, così i miei genitori si sarebbero potuti godere la vita. Hanno comunque continuato ad assistermi ed aiutarmi, nel mio nuovo percorso. In quegli anni, è avvenuto il primo grande cambiamento, da attività di famiglia, che coinvolgeva i miei genitori e mia moglie, al rapporto con due soci, mia moglie come impiegata, la moglie di uno dei soci come commercialista. Differenze sostanziali: con i famigliari hai un rapporto di sangue, ti scambi opinioni, discuti, a volte anche a toni sostenuti, ma poi ti vuoi bene, e con il bene e l’affetto, si sistema sempre tutto. Con i soci è diverso, cosa avranno per la testa? Perchè un’idea totalmente opposta alla tua o un comportamento che fa infuriare il cliente? Ci sarà un piano dietro? Tutte domande a cui non sono riuscito a dare risposte. Mentre tentavo di farli ragionare e condividere problemi e soluzioni, il bilancio cominciava a pendere, e sempre più clienti insoddisfatti si sfogavano con me. La mia famiglia aveva impiegato anni a farsi un buon nome, mantenendo le promesse, e ottemperando agli impegni, io stavo per mandare tutto a rotoli, per causa dei soci? La tensione sul lavoro, ed a casa, era sempre maggiore, mi sentivo sull’orlo del baratro, senza via di scampo. Una sera, mi si avvicina la moglie per farmi una carezza, ero talmente agitato e fuori di testa, che stavo per reagire con uno schiaffone; a lei, che non centrava nulla, che mi appoggiava e confortava in ogni modo! Il trovare ancora un pò di lucidità per riuscire ad analizzare la situazione fu la mia salvezza. Stavo rovinando la reputazione che i miei si erano fatti con tanti sacrifici, stavo minando seriamente la mia salute, il mio matrimonio e per ultimo rischiavo di rimetterci anche dei soldi. L’indomani, molto a malincuore, rassegnai le dimissioni, da tutte le cariche e mollai l’azienda che avevo contribuito a fondare e far crescere. Ne approfittai per vivere ancora più intensamente la spedizione “Viminale 2004”, che aveva come obbiettivo la Viminale che giace a -108 metri di profondità di fronte a Palmi, relitto su cui poi pubblicammo un libro ed un DVD. Settembre 2004, è giunto il momento di cercare lavoro come dipendente; sarò in grado? Lavorando in casa ottenevo dei risultati, ma sarei stato in grado di farlo anche fuori? Vi confesso che ero abbastanza preoccupato, ma siccome the show must go on (scrisse il grande Freddy Mercury prima di lasciarci), mi sono buttato, come il mio solito. Gli anni sono passati e si sono succedute alcune esperienze. Fine maggio 2009, scopriamo che mamma ha il destino segnato, a soli 61 anni è stata colpita da un tumore al peritoneo, unica risposta dei medici, è che in questi casi la prospettiva media di vita è di 2 anni. Dopo una vita di duro lavoro, dedicata agli altri, lei veniva sempre dopo, crescendo me e mio fratello, accudendo il marito e l’ufficio, questo è il ringraziamento che gli spetta. Inizia il lungo percorso di chemioterapia, oltre 50 sedute, che culmineranno con l’impianto fisso di chemio, poi di morfina, ed infine il decesso, dopo 30 mesi di estrema sofferenza. Contemporaneamente, a settembre 2009, mia moglie Serena si accorge di un nodulo nel seno destro, si rivelerà un bel C5, il cancro al seno più cattivo che si possa sviluppare. Ho ancora lucidissimo in mente il momento in cui andammo a dirlo a mamma, si abbracciarono, piangendo, e mamma disse: “no, a maggio io ed ora tu”. Non comprendi il tumore e quello che comporta, fino a quando non irrompe nella tua vita o in quella di un tuo caro; si, sai che è una brutta cosa, hai sentito parlare dei duri percorsi di cure, ma quando ci devi convivere, quando devi portare tua mamma in bagno, in braccio, perchè si sta vomitando la bile, allora si che impari di che si tratta. O quando tua moglie, piangendo, ti chiede: “mi vuoi ancora che non ho più il mio seno!!”

30-04-16 Me and my Wife

Anyway, mai lamentarsi e piangersi addosso, in quanto al peggio non c’è limite. Stavo attraversando un momento piuttosto impegnativo, ricordo che assistevo la moglie, in ospedale, col pc collegato all’ufficio, lavorando, per non rimanere in arretrato. Durante tutto questo periodo mancai dall’azienda per pochissime ore, e come ringraziamento, il mio presidente, mi buttò fuori senza nessuna spiegazione plausibile, e senza guardarmi negli occhi. Passai tre giorni infernali, a casa eravamo messi malissimo, non sapevo cosa mi avrebbe riservato il futuro, non mi sapevo dare spiegazioni, temevo mi avesse rovinato la reputazione nei confronti dei titolari. Finalmente uno dei titolari mi chiamò a colloquio. In sala d’attesa ero teso, realizzai di avere il cuore a mille, mi chiesi che cosa mai sarebbe potuto succedere di peggio, al massimo avrei dovuto cercarmi un altro titolare per il quale lavorare. Il ritmo cardiaco in pochi secondi rientrò, permettendomi di essere lucido e rilassato al cospetto del capo, il quale aveva ancora piena fiducia in me, purtroppo si era trovato anche lui in una situazione spinosa, e mi volle affidare un incarico ancora più importante del precedente, in un’altra azienda del gruppo. Nuovamente il riuscire ad analizzare la situazione da più punti di vista, osservandola in maniera distaccata, ti aiuta a coglierne le sfumature, offrendoti ottimi risultati.

Nel 2009 si sposa il caro amico Davide, ed al pranzo mi mette al tavolo con Paolo, tipo interessante e simpaticissimo. Paolo Svegli è un coach aziendale, esperto in Pnl, con un cuore grande grande. Conoscendolo meglio e frequentandolo in occasione delle sue serate aperte a tutti, mi ha dettagliato meglio dei concetti che avevo, ma erano un pò nebulosi. La sua parola d’ordine è “osa sognare”, perchè il sogno, l’orizzonte da raggiungere è quello che ti sprona al miglioramento, è la spinta che ti permettere di uscire dalla tua sfera di benessere per progredire. Insiste sul creare continuamente nuove sinapsi, solo così il nostro cervello si svilupperà e resterà attivo. Ed effettivamente, seguendo questi principi, e le linee guida della Pnl si possono ottenere ottimi risultati, a livello di felicità, benessere, rapporti con il prossimo. Quando, anni dopo, chiesi a Davide il motivo per il quale mi avesse messo a fianco Paolo, rispose:” lo sapevo che ti sarebbe piaciuto”, perchè i simili si attraggono, chi condivide l’amore per la vita, per la natura, la passione nel praticare sport all’aria aperta, la gioia di vivere, nonostante tutto, cerca, prevalentemente il contatto con persone che condividano la stessa way of life. Non è salutare la frequentazione di chi si lamenta e basta; il motivo dei loro fallimenti è sempre esterno, sono sfortunati, tutto il mondo gli rema contro, e non si fanno mai un’autocritica. Tassativo frequentare solo gente positiva, che affronti la vita con il sorriso, propositiva, alla quale piaccia il contatto con la natura, e che la rispetti. Superata questa fase, in cui la testa è stata ampiamente messa alla prova, subentrano dei problemi fisici, che non riesco a risolvere con la medicina tradizionale, per cui approdo da Zanzi Bruno. Iridologo Lughese conosciutissimo per i suoi ottimi risultati. Tramite la lettura dell’iride riscontra quali organi hanno problemi, e li risolve solamente con i cibi tollerati e le giuste combinazioni alimentari, in casi limite aggiungendo qualche integratore omeopatico. Dopo le sue prescrizioni mi riprendo alla perfezione, perdo qualche chiletto superfluo, e mi rimetto davvero in forma. Seguendo le sue indicazioni igieniste, cioè evitando gli errori clamorosi tipo mischiare le proteine animali con quelle vegetali, oppure ingerire frutta acida con frutta dolce, nutrirsi nello stesso pasto di riso, pane e magari anche due patatine fritte, si digerisce meglio, di conseguenza l’organismo ha più risorse da dedicare ad altre attività più utili.

Cecilia during a meeting

Gennaio 2015, tramite un’associazione di donne operate di tumore al seno, partecipo ad una serata della Dottoressa Cecilia Pintori, che dopo anni trascorsi ad occuparsi di alcolisti, tossicodipendenti e giocatori d’azzardo, ha deciso per un grande cambiamento, mettendosi ad analizzare e studiare, fra le altre cose, i risultati di The China Study del Dott. T. Colin Campbell. Ora si occupa di nutrizione, aiutando, anche, chi è sotto chemio a tollerarla meglio. Quella serata mi ha lasciato il segno, forse perchè Cecilia sa bene come entrarti in testa. Ricordo che a causa dell’estrema incisività degli argomenti, la squisita pizza di kamut con mozzarelle di bufala, appena gustata, ci sembrò un grave atto di sabotaggio nei confronti del nostro intestino!
Elencò le varie tecniche utilizzate per le culture ed allevamenti intensivi, le modifiche genetiche subite dal grano, volte solamente al profitto di pochi, illustrando, poi, le problematiche che il nostro intestino incontra nella digestione della carne, del latte, del glutine, degli zuccheri e degli alcolici; ci devastò. Ero già abituato ad alimentarmi con criterio, rispettando un buon turn-over degli alimenti, utilizzando la verdura come antipasto, a non mischiare indiscriminatamente le varie categorie di cibi, ma qui ci si spingeva molto oltre. Alimentazione vegana, possibilmente crudista. Non potevo non crederci; stava aiutando un’amica vittima di un tumore recidivo, ed i risultati erano fantastici. Ciliegina sulla torta accennò al digiuno come strumento di disintossicazione e di cura. Questo si che fu un fulmine a ciel sereno! Fortunatamente le scorte di cibo malsano erano scarse in casa, per cui donammo ai parenti qualche pezzo di prosciutto, un paio di pezzi di grana, e si diede inizio ad una nuova vita, la 3.0 appunto. Come partenza eliminammo i cibi confezionati, comunque contaminati da imballi e conservanti, individuammo dove acquistare frutta e verdura, cercandola il più “contadina” possibile, meglio brutta e sana che bella, lucida, ma maturata in cella dopo essere stata abbondantemente trattata in campo.
Per quanto riguarda la mia alimentazione ora mi comporto come segue:
  • pratico il digiuno delle 16 ore, dalla cena passo al pranzo, a colazione solo tisana al tarassaco, con mezzo limone spremuto e pochissimo miele, in modo da assecondare il ritmo circadiano;

  • dalla cena del lunedì si passa al pranzo del mercoledì, per dare tregua all’apparato digerente, anche lui deve potersi riposare;

  • il mercoledì, dopo al digiuno, solo estratto di frutta, circa 3 etti a pranzo e circa 4 etti a cena, condita con oli vari curcuma e zenzero;

  • la base degli altri pasti è sempre verdura, prevalentemente cruda, condita con tanto zenzero, curcuma, peperoncino, spezie ed erbe aromatiche, semi oleosi, olio evo con correzioni di olio di lino o sesamo o canapa. Come secondo, altra verdura o legumi, patate, riso integrale o di venere;

  • mangio la pasta, di farro o kamut, o con altre farine gluten free, a volte nel we, e mai a cena;

  • l’assunzione di glutine è ridotta all’osso, mi concedo la cacciagione un paio di volte l’anno, un morso al grana se capita, ed il pesce, molto saltuariamente, possibilmente crudo, e acquistato dai miei pescatori di fiducia.

  • i cibi confezionati, come biscotti, legumi, merendine, li lascio sugli scaffali dei supermercati; i biscotti me li faccio io, i legumi li acquisto secchi, ed al posto delle merendine mi mangio un bel frutto o frutta secca.

Tutto questo senza estremizzare troppo, il benessere deve essere psicofisico, se ci viene voglia di salame, e sentiamone 2 fette, questo deve essere l’approccio, tanto dopo un pò che si è eliminato un alimento la voglia passa, i gusti cambiano, e si preferisce altro. Capita che senta il profumo di filetto, magari al pepe verde, quanti ne ho mangiati, adesso non riesco più ad ingerirlo, non vi dico che immagine mi evoca.

Nasim wreck in Giannutri island

Temevo che con un regime alimentare così “leggero”, avrei avuto problemi ad affrontare immersioni impegnative, ed invece no, sono migliorate le prestazioni anche qui. Per il ponte dell’immacolata 2015, mi è capitato di sostenere 2 ore di gommone, 90 minuti di immersione di cui 30 a 60 metri, e mangiare dopo un’altra ora dall’emersione, avendo fatto colazione con 2 pompelmi rosa ed un limone spremuti, e 2 kiwi!!
Per migliorare ulteriormente il mio stato psicofisico, ho aggiunto 40 minuti di nordic walking prima di andare in ufficio, ai 50-60 minuti che facevo già dopo cena. Tutti i giorni tranne martedì sera e mercoledì mattina, in quanto sotto digiuno non bisogna sforzarsi.
Come al solito è la testa che comanda sul corpo, tante mattine resterei a letto, ma mi alzo e parto, sapendo che la giornata sarà migliore dopo un sano esercizio in mezzo alla natura; se ti senti bene riesci meglio in tutto, migliori i rapporti con il prossimo, sei più positivo, vedi il famoso bicchiere mezzo pieno!
Ovviamente condivido il lato etico dell’alimentazione vegana; il biologico, la sostenibilità, i km zero, sono concetti che sposo in pieno, so che l’ananas fa benissimo ed è buonissimo, ma ne limito il consumo, cerco alternative che non siano da trasportare in aereo, per arrivare fresche e saporite!
Last deep dive with Santi equipment
Mi godo il presente, assaporo ogni singolo momento, cercando di fare al meglio quello che dipende da me, che si tratti del lavoro, ti un'immersione impegnativa oltre i 100 metri, o di fare un dolce vegano, (grandissima scoperta i dolci vegani).

Home made Veg Chocolate cake with orange juice sweetness

Home made Veg banana & kiwi icecreem with millet flour bisquit

Cerco di cogliere quanto c’è di positivo negli eventi quotidiani; mentre soprassiedo su quelli che non posso controllare, quelli che devo “subire” li lascio trascorrere come vengono, senza farmi fagocitare. Mi gestisco e godo i miei momenti, imponendo il mio ritmo al tempo che posso gestire; se usciti dal lavoro c’è la fila, o qualcuno mi taglia la strada, ma chi se ne frega, arriverò due minuti dopo, non muore nessuno. Se ci ragioniamo e non ci facciamo prendere dal ritmo incalzante della vita, ci rendiamo conto che i momenti per noi possono essere parecchi, e che vissuti intensamente lasciano una grande gioia e benessere.

MS 10/2018